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La Sanità scippata ai professionisti torni nelle loro mani

Condividiamo una interessante lettera pubblicata negli scorsi giorni dal quotidiano “Il T”. Al suo interno l’autore analizza le difficoltà del sistema sanitario, attualmente in un momento di crisi, cercando di trovarne cause e possibili soluzioni. Come Casa Autonomia.eu pensiamo che la soluzione sia principalmente una: che la Sanità scippata ai professionisti torni nelle loro mani.

Qui il testo della lettera:

L’immagine di un sistema sanitario da cui i professionisti fuggono, magari per tornare ad operare nella stessa struttura con prestazioni a gettone, sinceramente inquieta. Possono essere i maggiori guadagni a provocare questa allarmante fuga? O forse cause e con cause potrebbero essere ricercate in una volontà di disimpegno, uno scrollarsi di dosso responsabilità e pastoie burocratiche? Sono questi i professionisti che abbiamo formato? Semplicemente edonistici e immaturi, pronti a prendere il frutto più maturo dall’albero senza curarsi della pianta? Oppure questo malessere va letto e capito? Forse bisogna rivedere l’impianto? Aggiornare il percorso formativo? Grave sarebbe non analizzare questi fenomeni, non soppesarne la portata e capirne le cause profonde. A fare da contraltare o forse parte stessa del problema vi è la evidente rottura del patto di fiducia con le istituzioni, del rapporto fiduciario tra paziente e curante.

Tutto ciò non è un fenomeno locale, né nazionale, ma attraversa come un’onda sismica anche gli altri Paesi europei a noi vicini per geografia e per tradizione di sistema sanitario efficiente e di qualità, come descritto dai principali indicatori di salute, di rapporto costo esiti. È, ad esempio, il caso della Francia che soffre, né più né meno di noi, la carenza di personale medico, il rimbalzo post pandemico delle malattie infettive, la fuga dei professionisti dal servizio pubblico. Tuttavia, questa condivisione di problemi, che emergono dalla nebbia di tre anni di pandemia, ma hanno radici profonde nella transizione demografica e sociale in atto, non può esimerci dall’analizzare nello specifico il nostro contesto valutando i problemi locali e contingenti per definire appropriate strategie di contrasto.

Il sistema sanitario trentino, fino a qualche anno fa a forte e riconosciuta trazione pubblica, sta gradualmente transitando verso un modello misto pubblico-privato, in cui la mobilità passiva è in crescita, le liste di attesa chiedono interventi correttivi e il modello di rete ospedaliera è in evidente crisi.

Ancora una volta la carenza di professionisti può essere considerata come una potenziale causa del ricorso a servizi esterni al pubblico, all’allungamento delle liste di attesa, alla difficoltà di reperire specialisti per gli ospedali di valle, a cui lo stop and go della pandemia ha sicuramente contribuito. Tuttavia, un’analisi più puntuale non può non considerare l’avvicendamento di tre direttori generali in pochi anni, la latenza nella copertura delle cariche dirigenziali, il declino della capacità attrattiva del nostro sistema, già presente prima della pandemia, la vetustà delle infrastrutture, la complessità di una rete ospedaliera diffusa che non ha ancora affrontato con chiarezza il tema della territorializzazione dei servizi di assistenza e cura.

Alle porte del 2023 parlare di equità di accesso alle cure non può più essere declinato con la mera proposta di ospedali generalisti distribuiti sul territorio. La carenza di personale e le difficoltà strutturali richiedono un piano strategico che preveda di utilizzare al meglio le risorse disponibili. Un esempio sono senz’altro le sale operatorie disponibili negli ospedli di valle che possono costituire una importante compensazione all’affollamento del S.Chiara. Parimenti si dovranno istituire percorsi di assistenza e cura personalizzata che, abbattendo in modo organico le mura ospedaliere attraverso un uso attento delle nuove tecnologie di connessione e una revisione dei ruoli e delle competenze professionali, garantiscano parità di accesso alle cure con le tecnologie più avanzate e aggiornate ad ogni cittadino, ovunque sia la sua residenza. Questo però deve essere posto all’interno di una rete di processi che salvaguardi e faccia crescere compretenze professionali, garantisca la sicurezza dei pazienti e l’efficacia delle cure.

Nella rivisitazione ormai necessaria del nostro servizio sanitario sarà inoltre indispensabile porre attenzione e rivitalizzare la capacità del sistema di fare ricerca e innovazione in modo autonomo e originale. Per fare ciò non è certo sufficiente il recente avvio della scuola di medicina che nel medio periodo potrà senz’altro divenire uno degli strumenti di innovazione e crescita del servizio, ma che oggi, per poter insegnare al meglio ai giovani studenti, chiede strutture efficienti e aggiornate, progetti di ricerca avanzati e una rete di collaborazioni internazionali. La progettualità europea, purtroppo abbandonata in questi anni, dovrà essere rimessa, assieme alla formazione dedicata alla ricerca e innovazione al centro delle azioni strategiche dell’Azienda Sanitaria. È infatti necessario e urgente creare un substrato ospedaliero e territoriale capace di incentivare ricerca e progresso. Sono questi i valori che possono rendere il nostro sistema sanitario di nuovo appetibile per i giovani professionisti, che possono e devono tornare a vedere nel Trentino un luogo attrattivo, non per uno skipass, ma per un più remunerativo ed appagante biglietto verso l’innovazione in sanità.

Giandomenico Nollo