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In visita al carcere. “Un gesto di vicinanza e a garanzia della dignità dovuta ad ogni cittadino”

Con i consiglieri Dallapiccola e Zanella, accompagnati dall’avvocato Fabio Valcanover abbiamo   fatto visita alla Casa Circondariale di Spini di Gardolo. “Come consiglieri crediamo sia doveroso portare avanti un’attività di verifica periodica sulla comunità carceraria, che rimane parte della comunità trentina. Ai suoi membri va garantita la stessa attenzione che viene data al resto della cittadinanza”.

Già nella giornata di Ferragosto ero stata in visita alla Casa Circondariale di Spini e oggi, sabato 24 dicembre, ho mantenuto la promessa fatta quel giorno di tornare a verificare la situazione del carcere con una ” visita di sindacato ispettivo” , dove già nell’ultimo controllo aveva riscontrato diverse criticità. “La realtà delle carceri è un aspetto tanto importante quanto trascurato della nostra società. Purtroppo ad oggi queste comunità si trovano ad affrontare svariate difficoltà, in particolare legate al sovraffollamento e al taglio dei fondi ministeriali, che rendono complicato, se non impossibile, perseguire il primo e vero scopo delle carceri: rieducare i detenuti e reinserirli all’interno della società, come previsto dalla nostra Costituzione. La nostra visita oggi è sì una verifica delle condizioni, ma anche un gesto di vicinanza, a garanzia della dignità dovuta ad ogni cittadino, anche a chi ha sbagliato”.

Il principale problema della Casa Circondariale è il sovraffollamento, che va ad impattare ogni aspetto della vita dei detenuti: dalla condivisione di celle inadeguate al numero di occupanti, alla difficoltà a garantire visite ed esami esterni al carcere per l’ assistenza sanitaria, all’insufficiente disponibilità di attività lavorative e percorsi di riabilitazione e reinserimento. “Ad oggi nella struttura di Spini sono presenti 343 detenuti, di cui 35 donne e 198 stranieri. Si tratta di quasi 110 persone in più rispetto a quelle previste dal protocollo firmato da Ministero e PAT. Questo ovviamente si traduce in una serie di gravi problematiche, che incidono sulla dignità e sul benessere sia dei detenuti che del personale”.

“In primis si riscontra una mancanza di agenti della Polizia penitenziaria, il cui numero sarebbe carente persino se fosse rispettato quello previsto dal protocollo e di conseguenza risulta del tutto insufficiente nel contesto sovraffollato della struttura. Questo ha delle ovvie ricadute sulla vita della comunità carceraria: non si riesce più a garantire l’adeguata sorveglianza dei detenuti, l’accompagnamento degli stessi all’esterno e la sorveglianza di percorsi ed attività di rieducazione e riabilitazione, obiettivi primari per la struttura, oltre al carico eccessivo di lavoro per gli agenti stessi”.

“Oltre a quella degli agenti rimane critica soprattutto la carenza di educatori, che è addirittura peggiorata. Già quest’estate erano rimasti solo 3 educatori, invece che i 6 previsti, ma oggi in servizio ne rimangono solo 2. Questo ovviamente, oltre ad appesantire il carico di lavoro dei professionisti, diminuisce le possibilità di accesso dei detenuti all’esecuzione esterna della pena e alle attività di reinserimento sociale, determinando frustrazione, insoddisfazione e minando la funzione rieducativa del carcere. I progetti di lavoro, estremamente utili e desiderati dai detenuti, sono attualmente limitati: solo 162 carcerati/e vi accedono, ovvero appena il 48% della popolazione carceraria”.

“La casa circondariale di Trento non ospita solo persone in attesa di sentenza definitiva o detenuti con pene inferiori ai 5 anni ma nella sezione “protetti” (principalmente sex offenders), vi sono anche persone con pene di decine di anni. A maggior ragione per queste servirebbero attività lavorative e di reinserimento sociale, che però mancano.”

“Passando al tema dell’assistenza sanitaria quasi tutta l’equipe medica è composta da gettonisti, una scelta sempre più diffusa in Apss, che migliora la condizione economica del medico a scapito di continuità e appartenenza all’organizzazione. Il problema si estende anche alle visite specialistiche, per cui ci sono sempre lunghe liste di attesa.

Questi problemi stanno particolarmente a cuore a me e ai consiglieri Dallapiccola e Zanella, in quanto nel decreto ministeriale del 2008 si garantisce al carcerato lo stesso diritto all’assistenza medica di ogni cittadino. Molto positiva la figura della nuova Direttrice Sanitaria che, seppure assunta da pochissimo tempo, ha già chiare le difficoltà del carcere e la necessità di avviare dei progetti che vadano a ridurre l’autolesionismo e l’eccessivo uso di farmaci, e a ridurre il numero di visite mediche specialistiche esterne, svolgendo alcune valutazioni strumentali internamente attraverso un ecografo e un apparecchio per le radiografie”.

“Rimanendo sempre in ambito sanitario ulteriori difficoltà emergono nel trattamento dei problemi psichici. Settanta  detenuti soffrono di tossicodipendenza. Il 90% dei carcerati si sottopone a cure ansiolitiche ed è su questi che si vuole agire per ridurre l’uso di farmaci. Per i pazienti psichiatrici ancora non è stato attivato il Centro diurno e rimangono 3 persone in attesa di ingresso in REMS, una attualmente impropriamente in carcere. L’apertura del Centro diurno, vista la percentuale di persone con disturbi psichiatrici e gli episodi di autolesionismo dev’essere accelerata.”.

“Tutte queste problematiche potrebbero essere contenute se vi fossero più opportunità occupazionali e un programma rieducativo più efficace, che manca anche a causa della carenza di personale dedicato. Fondamentale in questo senso è il lavoro delle cooperative che quotidianamente si occupano della comunità carceraria, ma anche queste ultimamente faticano a causa del costo delle materie prime e avrebbero disperato bisogno di un sostegno provinciale ”.

“Uscendo non può mancare uno sguardo alla struttura, che, oltre alle ormai transenne fisse attorno agli edifici per il rischio di crollo delle lastre di copertura delle facciate, manca di una pensilina davanti alla portineria, per riparare i parenti in attesa di entrare dagli agenti atmosferici”.

“In conclusione non può mancare una riflessione: nella Vigilia di Natale si è voluta garantire una presenza da parte nostra. Nel nostro ruolo di consiglieri ci è sembrato doveroso effettuare questa visita di controllo, ma soprattutto ci sembra importante spronare il Presidente Fugatti nel tornare a chiedere personale, sia educatori che agenti di polizia penitenziaria e nel chiedere maggiore impegno della Provincia nei progetti di reinserimento sociale, aspetto sul quale è attivo un protocollo col ministero della Giustizia, per cercare di offrire maggiori opportunità occupazionali. Importante poi l’attenzione ai servizi sanitari e in particolare alla necessaria apertura del Centro diurno per persone con disturbi psichiatrici. Inoltre forte arriva l’appello della Polizia Penitenziaria perché si eviti di trasferire dalle Regioni limitrofe detenuti in attesa di sentenza definitiva, perché questo comporta il doverli accompagnare alle diverse udienze in posti distanti, cosa complicata, vista la carenza di personale. Infine sarebbe fondamentale l’istituzione di un Provveditorato sul territorio regionale, staccandoci da quello del Triveneto, per meglio presidiare la situazione delle nostre carceri, per dare più garanzie e possibilità di confronto e di interventi concreti.

Quella carceraria rimane comunque una comunità che fa parte della più ampia comunità trentina e ad essa vanno dedicate le stesse cure e attenzioni che si dedicano a tutti i cittadini, soprattutto se l’intenzione, come dovrebbe essere, è quella di dare ai detenuti la possibilità di reinserirsi nella società”.