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La rana bollita. Politiche della sopravvivenza – Lettere dagli Associati

Chi ha genitori nati nel primo dopoguerra saprà quasi certamente che,  nelle case delle periferie della città, non vi era l’acqua corrente e si doveva andare alla fontana ad approvvigionarsi, (non stiamo parlando di medioevo, era ad esempio così a Martignano negli anni 50), all’epoca la fonte di riscaldamento più diffusa era costituito dalla stufa a legna, che rigorosamente si procurava con fatica nel bosco. Gradualmente poi arriva l’acqua nelle case. Chi poi è nato prima della metà degli anni 70 ricorderà l’alternarsi delle altre comodità energetiche, dapprima i fornelli a kerosene e poi le caldaie a gasolio, infine la grande innovazione delle caldaie a gas. Grandi e indiscutibili miglioramenti che però trasportano due silenti insidie, la prima che ha reso dipendenti dal gas e vulnerabili, come i recenti avvenimenti insegnano, alle speculazioni. La seconda che ci ha portato a considerare l’acqua e l’energia come due fonti illimitate ed economiche, un diritto conquistato. Questo ha tolto anche valore a queste preziose e vitali risorse che sono state utilizzate in modo irrispettoso. Tragicamente siamo tuttavia stati costretti a sbatterci la testa e a riconsiderare il nostro sistema di certezze e capire che il gratis non esiste e prima o poi il conto arriva anche sotto forma non monetaria, vedi clima e crisi idrica. La politica in tutto questo è stata a guardare, ha gradualmente ceduto la funzione di controllo sui fattori strategici rendendosi pertanto incapace di tutelare gli interessi collettivi, scontrandosi con gli interessi particolari sempre più e forti e protetti. Di più propone soluzioni una tantum non strutturali, private della dignità, che sanno tanto di elemosina. L’attuale situazione mi ricorda, forse a sproposito perché si riferisce ad un ambito diverso, la metafora della rana bollita di Noam Chomsky. Riporto.

Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita. Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone”.

Riuscirà la nostra società di rane umanoidi a ritornare protagoniste, dare un colpo di zampa e uscire dal pentolone?